Barbara Garatti (Pagina 5)

Streaming del film Vrijdag, Antwerpen di Giulio Squillacciotti
Podcast Pharaildis Van den Broeck. Milano – Anversa A/R di Barbara Garatti

L’Archivio Atelier Pharaildis Van den Broeck nell’ambito di Archivissima 2020, il festival degli Archivi, presenta l’approfondimento digitale Pharailids Van den Broeck. Milano – Anversa A/R dal 5 all’8 giungo 2020. In accordo con il tema del festival, #women le donne che hanno portato cambiamento, è possibile ripercorrere alcuni episodi della vita di Pharaildis Van den Broeck tra Milano e Anversa, prima fashion designer di origine belga a iniziare una brillante carriera internazionale nel 1978 a Milano lavorando con Gianni Versace.

Trovaserata Milano
15.11.2019

Fino al 21 dicembre l’Archivio Atelier
Pharaildis Van den Broeck ospita la mostra
“Project Room #3. Andrea Kvas”.
L’artista invitato è Andrea Kvas che ha
selezionato alcune opere di Pharaildis Van
den Broeck per le quali realizzerà dei
dispositivi espositivi.
Il progetto si inserisce in una serie di Project
Room che dal febbraio 2019 mira a far
conoscere l’opera e la figura dell’artista italo-
belga, a sperimentare nuove metodologie di
ricerca e valorizzazione dell’archivio d’artista
e a promuovere la produzione artistica
contemporanea.
La ricerca di Andrea Kvas nell’archivio si
focalizza su alcuni disegni, appunti e
maquette di cornici che Phara ha progettato
nel corso della sua attività artistica ma che
non ha mai ultimato.

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Critics’ Picks
by Federico Florian
01.11.2019

Two self-supporting structures, resembling
minimalist totems, form Andrea Kvas’s
installation Untitled (Cornie), 2019, created
for the space of the former Milanese studio of
the late outsider artist Pharaildis van den
Broeck. Born in Belgium in 1952, Van den
Broeck built a career in Milan as a fashion
designer, working for brands like Versace and
Missoni. In the mid-1990s, she quit design to
start painting: an activity to which she utterly
and exclusively devoted her creative efforts
until her death in 2014, producing a
gargantuan oeuvre of more than two
thousand paintings and as many drawings.
Halfway between ingenious framing devices
and autonomous sculptures, Kvas’s
intervention could be interpreted as a
postmortem dialogue with Van den Broeck,
an artist who approached painting as an
extremely private, introverted exercise and
who deliberately isolated her work from the
art discourses of the time.
Kvas conceived the two sculptures on view
here as supports for four paintings by the
Belgian Italian artist. Made of vertical
wooden boards arranged together to form
pillars, they graciously accommodate the
canvases hanging on their surfaces, and each
responds differently to the formal qualities of
the works that they frame. In one example,
the raw materiality of Van den Broeck’s
paintings—two untitled works from 2011 that
she originally used as color palettes and later
turned into semi-figurative compositions—
contrasts with the sleek gray surface of Kvas’s
structure. In the other, his roughly painted
plywood boards echo the colors of the two
untitled still lifes they enclose: each one a
joyful combination of pink, blue, aquamarine,
and purple.
The frame—that bridge between the painted
surface and the outside world—was a
recurrent concern in Van den Broeck’s art.
Some of her sketches (also on view at the
Archivio) reveal complex framing structures
the artist designed over the last ten years of
her life but never realized. Taking inspiration
from these drawings, Kvas has created a setup
that extends Van den Broeck’s investigation
into the sculptural possibilities of painting.
Here, the function of the frame is no longer to
limit or define the boundaries of the picture;
instead, it expands the paintings’ surfaces
into three dimensions.

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Pharaildis Van den Broeck, Andrea Kvas
e il colore intenso dell’identità

di Andrea Contin
15.10.2019

Ci sono artisti che concepiscono l’Arte, e
soprattutto il fare artistico, come un modo
per trovarsi completamente immersi nel
flusso indistinto che ferma, distorce e
rielabora il tempo, lo spazio, il corpo e il
pensiero. Ci sono artisti che non sono artisti
nel senso sociale del termine ma in
un’accezione meditativa, dove la meditazione
è appunto il flusso in cui ci si libera degli
orpelli identitari per diventare altro da sé,
messa in scena il cui fine è l’esistenza in
quanto tale e quindi assoluta.
Il mondo non è escluso da questo poderoso e
silenzioso flusso, anzi. Il mondo è la partenza,
il materiale percettivo e simbolico allo stesso
tempo che irrompe nel fare artistico per poi
sfumare in questioni elettive, più alte, astratte
nel senso di tirate fuori, distillate, vaporizzate.
Questo è il modo di Andrea Kvas, artista
giovane ma già dotato di sapiente maestria
pittorica, ed è stato il modo e lo spirito di
Pharaildis Van den Broeck, artista italo-belga
estremamente intensa, appassionata e
prolifica che, dopo aver vissuto il mondo del
fashion dalla fine degli anni Settanta, ha
prodotto in solitudine e in segreto una
sterminata quantità di opere, mai esposte o
vendute, tutte ancora contenute nello studio
milanese dove ha lavorato fino all’ultimo,
prima di lasciarci con inaspettato anticipo
cinque anni fa.

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Più che cornici dispositivi espositivi
di Federico Florian
01.10.2019

L’Archivio Atelier Pharaildis Van den Broeck,
lo spazio milanese aperto la primavera scorsa,
raccoglie e preserva l’opera pittorica
dell’artista outsider belga: oltre 2mila dipinti
e altrettanti schizzi e disegni, mai esposti
prima, sono stati catalogati dalla curatrice
dell’Archivio Barbara Garatti nel tentativo di
comprendere e porre ordine ai prodotti di
un’attività creativa febbrile, cui la Van den
Broeck (1952-2014; nella foto) si dedicò
completamente ed esclusivamente nell’ultimo
ventennio della sua vita. Ex designer di moda
(collaborò con Versace), a metà anni ’90 la
Van den Broeck abbandona la produzione di
abiti per sperimentare la pittura.
Quest’autunno, un altro pittore, Andrea Kvas,
classe 1986, occupa temporaneamente
l’archivio-atelier di via Bragadino in
occasione della «Project Room» numero 3, la
serie espositiva che invita giovani artisti
(prima di lui Alessandro Roma e Giulio
Squillacciotti) a dialogare con il lavoro della
Van den Broeck. Fulcro di questo terzo
progetto è un elemento apparentemente
accessorio del dipinto: la cornice. E sono
proprio i disegni di cornici che Van den
Broeck immaginò per i propri dipinti (ma mai
realizzate) ad aver catalizzato l’attenzione
dell’artista triestino, il quale ha reinterpretato
e dato forma concreta ad alcuni di tali
bozzetti progettuali. Una decisione in linea
con la pratica di Kvas, per cui la pittura (il
quadro) è a tutti gli effetti un’espressione
scultorea (in quanto oggetto dipinto).

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